“Folle è l’uomo che parla alla luna. Stolto chi non le presta ascolto.” - Shakespeare
Sinossi:
Fuori una tempesta di pioggia, con tuoni e fulmini.
All’interno di un palazzo, un campanello suona.
Una donna, in pigiama, scarmigliata, apre la porta del suo appartamento ad un uomo, un tecnico, venuto ad aggiustarle il computer.
E di rotto non c’è solo quello.
Si riconoscono all’istante: entrambi stanno raccogliendo i pezzi delle loro vite. Vite da perdenti. Ma sono stufi. Vogliono cambiare e ci stanno provando anche se in maniera alquanto bizzarra e tortuosa. Personaggi patetici e divertenti, ironici e strafottenti, in cerca della loro verità, anche se non fanno altro che dire e dirsi bugie. Si mascherano e smascherano in continuazione.
Nessun filo logico, almeno non all’apparenza. Un guazzabuglio di emozioni – ridono, piangono, litigano, mangiano, si annusano – a cui fanno da sottofondo o impongono il ritmo, il fragore di un tuono; il motivetto horror del cellulare della mamma di lei che la chiama, invadente; il suono dei semi nella sfera magica della nonna; il soffio dell’inalatore contro l’asma, che appare e scompare dalla scena, e i respiri affannati di un attacco di panico. Tutto si svolge sotto lo sguardo attento del grosso cane di ceramica bianca dal nome ‘Shakespeare’, chiamato spesso in causa dalla donna, e dalla gigantografia di una luna piena: l’altra faccia della luna, la parte in ombra, oscura e potente.
Sotto il suo sguardo impassibile si svolgerà l’atto conclusivo e inaspettato della vicenda.